Le Società Benefit (SB) rappresentano un’evoluzione del concetto stesso di fare impresa. Integrano nel proprio oggetto sociale, oltre agli obiettivi di profitto, lo scopo di avere un impatto positivo sulla società, le persone e l’ambiente. Fondamentale è il purpose: il “perché” un’azienda è nel business.
Qual è la passione che spinge un’impresa a mettersi in gioco? E, in quale modo il suo business può contribuire al bene comune?
È una questione di etica, ma anche di business: la spinta verso scelte più sostenibili è ormai parte integrante della regolamentazione europea.
Inoltre, investitori e consumatori ormai chiedono alle imprese un impegno sempre più deciso e trasparente verso lo sviluppo sostenibile.
Diventare una Società Benefit significa andare in questa direzione: come? E, soprattutto, perché?
Cos’è una Società Benefit?
L’Assobenefit, Associazione delle Società Benefit italiane, definisce così le Società Benefit:
“Imprese ibride che, oltre allo scopo di dividere gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, ambiente e stakeholders, impegnandosi a valutare in maniera trasparente il proprio impatto”.
La Società Benefit è una forma giuridica d’impresa introdotta in Italia nel 2015 (legge n. 208/2015). L’Italia conta un primato non da poco: è stato il primo Stato sovrano a introdurre una forma d’impresa a duplice scopo, il profitto e il bene comune. Alcuni Stati degli Stati Uniti hanno introdotto leggi simili prima del 2015, ma non esiste ancora una legge federale in merito (quindi valida per tutto il Paese).
Perché diventare una Società Benefit?
La sostenibilità può essere considerata la maggiore trasformazione socio-economica del prossimo quarto di secolo. La transizione verso un nuovo modello di business e di sviluppo ha subíto una forte accelerata, e le imprese che riusciranno a cavalcare quest’onda guadagneranno un vantaggio competitivo paragonabile a quello garantito dall’innovazione digitale e tecnologica negli anni 2000.
Si sta affermando, infatti, un nuovo modo di fare impresa che persegue, insieme alla logica del profitto, obiettivi legati a fattori ESG (Environmental, Social, Governance) – ovvero il rispetto dell’ecosistema, la valorizzazione delle persone e delle comunità, e l’adozione di buone pratiche di gestione aziendale.
Una SB mette al centro del proprio business il fare profitto in un modo tale da contribuire al raggiungimento di questi obiettivi.
Sostenibilità, investimenti e consumatori: le ricadute sulle imprese
Perché la sostenibilità è diventata così importante per il business?
Negli ultimi anni la sua importanza è cresciuta per due ragioni principali: l’evoluzione del contesto finanziario e le richieste del mercato.
I regolatori del settore finanziario, infatti, si dimostrano sempre più reattivi alle tematiche di sostenibilità e le pongono al centro della propria agenda. Questo ha ricadute importanti sul credito alle imprese, che punta sempre di più verso le aziende con chiari obiettivi sostenibili. Ciò significa che le aziende che si muovono ora possono stare un passo avanti rispetto ai competitor.
“Un’impresa deve creare valore aggiunto per essere ritenuta utile da tutti i suoi stakeholder, e poter quindi fornire un valore a lungo termine per i suoi azionisti”.
Larry Fink – CEO del colosso finanziario BlackRock
Anche il mercato si sta evolvendo: cresce la domanda di prodotti, servizi e soluzioni che integrino i fattori ESG e cresce l’interesse verso gli investimenti sostenibili. La sostenibilità ha già modificato i comportamenti dei consumatori e degli investitori, e lo farà sempre di più.
Finanziare la crescita sostenibile: le opportunità per le aziende
La Commissione Europea ha definito un Action Plan composto da 10 azioni per finanziare una crescita sostenibile. La lista descrive in quale direzione si sta muovendo – e sempre più velocemente – la regolamentazione europea.
Diventare una SB significa (ri)mettere al centro il perché di un’impresa, il suo purpose: è un’occasione unica per ripensare al ruolo che l’impresa vuole avere non solo nel mercato, ma nella comunità. Gli incentivi cresceranno sempre di più, ma chi si muove ora ha l’occasione di fare da apripista. Un vantaggio non indifferente non solo per i finanziamenti e per il posizionamento sul mercato, ma anche per la reputazione.
A volte l’ostacolo più grande per innovare un’impresa può sembrare il coinvolgerne il personale. Coinvolgere e rendere partecipi del processo le persone è la vera sfida per evitare che le innovazioni restino lettera morta. Allo stesso tempo, però, affrontare con decisione questo problema può liberare energie e talenti sorprendenti.
Cosa significa davvero coinvolgere il personale?
Quali strumenti usare per farlo? E come fare in modo che un’innovazione – sostenibile, tecnica o di qualunque altro tipo – venga accolta dalle risorse umane?
Si tratta di un nodo fondamentale per tutte le innovazioni, ma in particolar modo per le imprese che vogliono diventare una Società Benefit – o che già lo sono. Diventare una Società Benefit pone delle sfide importanti al modello di business di qualunque azienda, e non riuscire a coniugare i valori con la pratica di tutti i giorni significa cadere nel pericolo del greenwashing. Una Società Benefit, inoltre, punta al bene comune, e una delle sfaccettature del suo operato sono i dipendenti (che rientrano tra gli stakeholders, i portatori d’interesse). Coinvolgerli attivamente nei processi decisionali dell’impresa e nella sua innovazione è fondamentale per contribuirne al benessere – benessere che rientra tra gli obiettivi di beneficio comune dell’Agenda 2030 (goal 8 – lavoro dignitoso e crescita economica).
Innovazione e apertura al cambiamento: ascolto e azione
L’innovazione, per essere efficace, deve esistere ed essere messa a terra in un intero ecosistema, basato sull’apertura. Senza apertura, infatti, i progetti di innovazione possono incontrare anche grosse difficoltà a mettere radici in un’impresa.
L’apertura al cambiamento porta molti benefici:
- velocità di innovazione
- opportunità di business
- nuovi stimoli
- attenuazione del rischio
- attrazione dei talenti
Tali benefici si scontrano con le “credenze limitanti”, ovvero quelle convinzioni che portano le persone a fossilizzarsi su quello che già conoscono e/o fanno (“si è sempre fatto così”). Tutti noi siamo portati a voler rimanere uguali a noi stessi e il nostro cervello vede qualsiasi diversità come un potenziale pericolo.
“Le tue credenze sono le tue finestre sul mondo. Puliscile di tanto in tanto, altrimenti non entrerà la luce”
Isaac Asimov
Smontare queste credenze libera moltissima energia all’interno di un’organizzazione. Dialogare con il personale e infondere sicurezza è fondamentale per coltivare un’attitudine al cambiamento, e questo processo richiede flessibilità, curiosità e ascolto. Allo stesso tempo, se l’ascolto si traduce in un’analisi del clima aziendale, esso sarà efficace solo se si tradurrà poi in un’azione concreta.
La sfida delle generazioni a confronto
Una sfida specifica all’interno di questo panorama è giocata dalle generazioni di lavoratori all’interno della stessa organizzazione.
Le competenze digitali sono necessarie (e sempre più richieste) per sostenere l’uso standardizzato di molte tecnologie e software; tuttavia, le conoscenze analogiche di lavoratori esperti sono un patrimonio fondamentale per qualunque impresa. Per questo è fondamentale coinvolgerli attivamente nei processi di innovazione: la digitalizzazione non deve lasciarli indietro, bensì semplificare il loro lavoro.
Una sfida di oggi, infatti, sta proprio nel fatto che generazioni molto diverse stanno iniziando a lavorare insieme: da una parte persone che hanno iniziato a lavorare 20 o anche solo 10 anni fa, dall’altra i nuovissimi lavoratori. Questi ultimi hanno aspettative diverse su molti fattori, tra cui il bilanciamento vita-lavoro. Hanno un approccio al digitale, all’innovazione e alla semplificazione dei processi completamente diversi rispetto ai lavoratori precedenti.