I gestori patrimoniali sono sottoposti a crescenti pressioni affinché smettano di investire in società che aggravano l’emergenza climatica attraverso pesanti emissioni di carbonio. Ma gli eventi recenti suggeriscono che l’engagement da parte dei grandi investitori istituzionali batte il disinvestimento come strategia al fine del miglioramento delle prestazioni ambientali dei portafogli di investimento.
Gli hedge fund hanno realizzato profitti enormi acquistando azioni scartate di compagnie petrolifere e del gas, secondo quanto riportato dal Financial Times la scorsa settimana. Gli investitori istituzionali “sono tutti così desiderosi di sbarazzarsi delle attività petrolifere, stanno lasciando sul tavolo rendimenti fantastici”. Parola di Crispin Odey di Odey Asset Management, il cui fondo europeo ha guadagnato più del 100% quest’anno, sostenuto da investimenti tra cui la compagnia petrolifera norvegese Aker BP, le cui azioni sono aumentate di oltre un terzo.
E come si potrebbe pretendere che gli hedge funds si astengano dal far soldi in questo modo, considerato che la ricerca del profitto è il primo se non unico driver del loro DNA…
I gestori di hedge fund che acquistano questi titoli sostengono che gli investimenti in aree come la produzione di petrolio e gas sono ancora estremamente necessari, come evidenziato dalle recenti evoluzioni nel mercato dell’energia. I prezzi del petrolio hanno raggiunto il loro livello più alto da almeno tre anni a questa parte, mentre i prezzi del gas nel Regno Unito sono più che quadruplicati.
Ne consegue che lasciare grossi profitti sul tavolo per gli investitori meno orientati all’ESG non è una strategia vincente. Privando le società energetiche di capitali, i gestori patrimoniali potrebbero addirittura ostacolare la loro capacità di finanziare la tanto desiderata transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. Infatti, le aziende spesso usano i loro ricavi da petrolio e gas per finanziare una transizione verso un’energia più pulita, e il disinvestimento da parte dei grandi investitori danneggia questo processo.
Disinvestire in nome del cambiamento climatico diventa molto più complicato che disinvestire dalle cosiddette sin stocks come le aziende produttrici di tabacco o i produttori di armi.
Il dibattito sull’investimento responsabile a scapito dei rendimenti è continua a infuriare tra gli investitori azionari e diversi studi accademici che sostengono una o l’altra parte dicono di più sulla difficoltà di reperire i dati che della controversia sottostante.
Nel mercato obbligazionario, gli investitori sono maggiormente disposti a sacrificare i rendimenti per vedere il loro capitale destinato a usi più rispettosi dell’ambiente. La Germania, ad esempio, ha in essere due emissioni di titoli di stato identiche in tutto e per tutto, tranne per il fatto che il capitale raccolto da una di esse è destinato a finanziare progetti sostenibili sotto il profilo ambientale
Quando la versione verde del bund è stata messa in vendita nel settembre 2020, il suo peer non verde era disponibile con un rendimento superiore di 1 punto base. Da allora, il premio ha continuato a crescere poiché gli investitori preferiscono l’alternativa chartreuse. Gli obbligazionisti stanno attualmente rinunciando a circa 6 punti base per avere la sicurezza che i loro investimenti contribuiscono a preservare il pianeta.
Un altro fattore importante che va considerato nel cercare di comprendere il delicato equilibrio del mercato è il gap fra domanda e offerta di strumenti finanziari green che si sostanzia in una ulteriore ragione per cui i green bonds vanno a ruba. La prospettiva di collocare le emissioni green con il cosiddetto greenium ha visto esplodere il mercato delle obbligazioni verdi, con vendite mondiali di circa 400 miliardi di dollari quest’anno. Il collocamento del primo green bond della Commissione Europea (l’emissione “verde” per finanziare gli interventi di Next generation Eu, quindi i Piani di ripresa e resilienza dei Paesi membri) è durato meno di un’ora. La domanda da parte degli investitori istituzionali ha superato di slancio quota 135 miliardi, a fronte dei 12 miliardi che il sindacato di banche aveva il mandato di collocare
Nel mercato azionario, il successo di Engine No. 1 all’inizio di quest’anno illustra il vantaggio dell’impegno degli azionisti. La piccola società di gestione di fondi ha ottenuto tre amministratori dissidenti nominati nel consiglio di amministrazione della Exxon Mobil Corp. per costringere la società energetica a frenare le sue attività dannose per il clima.
Calpers, il fondo pensione dei dipendenti pubblici della California, ha sostenuto l’iniziativa insieme ad altri grandi fondi tra cui BlackRock Inc. votando in forza delle proprie azioni a favore della risoluzione. “La nostra prossima area di responsabilità e potenziale per guidare il cambiamento sono i consigli di amministrazione competenti con le competenze necessarie”,afferma Anne Simpson, responsabile governance e sostenibilità del fondo. “Dobbiamo davvero concentrarci sul consiglio di amministrazione”.
Confidiamo che i grandi investitori istituzionali prendano sempre di più la strada dell’engagement attivo e del lobbying trasparente allo scopo di influenzare le strategie di sviluppo dei maggiori gruppi che operano nei settori dei combustibili fossili.
Confidiamo anche nell’attenzione del Regolatore e nella sua capacità di guidare il processo di transizione anche attraverso misure concrete e concertate di politica economica che rendano meno appetibili gli investimenti in attività non sostenibili, mentre accelerano con appropriate leve la transizione verso le energie rinnovabili
14 ottobre 2021
Fonti: Financial Times, Bloomberg