La biodiversità è stata definita dalla Convenzione sulla diversità biologica (CBD) come la variabilità di tutti gli organismi viventi inclusi negli ecosistemi acquatici, terrestri e marini e nei complessi ecologici di cui essi sono parte. Le interazioni tra gli organismi viventi e l’ambiente fisico danno luogo a relazioni funzionali che caratterizzano i diversi ecosistemi garantendo la loro resilienza, il loro mantenimento in un buono stato di conservazione e la fornitura dei cosiddetti servizi ecosistemici.. Praticamente tutto ciò che di naturale ci circonda. Noi esseri umani ci affidiamo al mondo naturale per il cibo, per non parlare dei materiali per l’edilizia o la medicina, così come per la protezione dalle condizioni meteorologiche estreme. Eppure, attraverso la deforestazione, l’estrazione e lo sfruttamento di risorse, l’agricoltura intensiva, l’inquinamento e il cambiamento climatico riusciamo allo stesso tempo a causare danni significativi distruggendo l’equilibrio e la ricchezza della natura.
Il mondo naturale è in crisi: a livello globale le popolazioni di animali selvatici sono diminuite in media di circa due terzi negli ultimi 50 anni, si pensa che fino a 1 milione di specie rischino l’estinzione e molti degli ecosistemi della terra sono gravemente danneggiati. La distruzione della biodiversità del pianeta, il risultato dell’attività umana – dalla deforestazione all’inquinamento – non preoccupa solo gli ambientalisti e gli amanti della fauna selvatica. Considerati gli enormi rischi economici, i temi della biodiversità catturano da parte della finanza sostenibile lo stesso tipo di attenzione che abbiamo visto negli ultimi anni intorno al cambiamento climatico. Per dirla con le parole dei gestori dei fondi, si configura uno sforzo di “integrare il capitale naturale come asset class“.
Secondo il World Economic Forum, più della metà del prodotto interno lordo totale del mondo, o 44 mila miliardi di dollari, comporta attività che dipendono in misura moderata o elevata dalla natura. Circa il 50% dei farmaci è sviluppato da prodotti naturali, con circa 50.000-70.000 specie di piante raccolte per i medicinali, mentre la produzione alimentare dipende da suoli sani e impollinazione e deve affrontare le sfide di parassiti, agenti patogeni e cambiamenti climatici.
Il declino della biodiversità è innanzitutto un rischio da gestire. A prima vista il crollo degli stock ittici o il rapido declino delle popolazioni di api possono sembrare preoccupazioni lontane dal mondo finanziario di New York o Londra, ma ad uno sguardo più attento ci accorgiamo della reale esposizione degli asset finanziari al declino della biodiversità. Secondo il Programma ambientale delle Nazioni Unite, la significativa alterazione degli ecosistemi potrebbe portare ad inadempienze contrattuali delle imprese, quindi rendimenti inferiori e crescenti responsabilità assicurative, maggiori costi di capitale e perdita di opportunità di investimento a causa di catastrofi ambientali. Avete presente il battito di ali di una farfalla che può provocare un uragano?
Cosa hanno fatto finora gli investitori? In realtà molto poco. Mentre la consapevolezza della finanza rispetto ai rischi posti dal cambiamento climatico è aumentata notevolmente negli ultimi cinque anni, WWF segnala che i rischi finanziari legati alla biodiversità sono stati “completamente ignorati”, mentre gli aderenti ai Principles for Responsible Investment (PRI), affermano che gli investitori hanno una “consapevolezza limitata” dell’argomento e pochi impegni o politiche per affrontarlo.
Sempre secondo PRI, ora esiste un numero limitato ma crescente di fondi che iniziano a porsi obiettivi specifici sulla biodiversità. Axa Investment Managers ha lanciato lo scorso anno un Impact Fund da 200 milioni di euro per investire in progetti che proteggono gli habitat naturali, mentre HSBC Global Asset Management Ltd. ha dichiarato a settembre che sta collaborando con una società di consulenza specializzata in materie ambientali per creare una nuova società di investimento con focus sulle tematiche della biodiversità. Ancora, un gruppo di 26 asset manager, assicuratori e banche ha lanciato recentemente il Finance for Biodiversity Pledge, con l’impegno a “proteggere e ripristinare la biodiversità attraverso le loro attività finanziarie e di investimenti”.
Come per gran parte delle metriche sulla sostenibilità, i dati, le misurazioni, gli standard sono le sfide più impegnative. E se oggi gli investitori hanno la possibilità di misurare l’impatto climatico dei loro portafogli attraverso, ad esempio, l’impronta di carbonio, strumenti simili per catturare gli impatti sulla biodiversità non ci sono ancora.
Nel 2014, l’istituto di credito olandese ASN Bank è stata la prima banca a livello globale a misurare l’impronta della biodiversità sull’intero spettro del suo portafoglio: ha calcolato che l’impatto dei suoi prestiti e investimenti era equivalente ad un’area delle dimensioni di Tokyo, (7.000 km quadrati) completamente priva di biodiversità. Gli economisti hanno calcolato il valore della produzione globale di colture a rischio a causa del calo delle popolazioni di impollinatori come api e farfalle (fino a 577 miliardi di dollari all’anno) e il costo potenziale dei danni provocati dalle inondazioni dovute a tempeste senza barriere coralline funzionanti (272 miliardi di dollari). Ma la complessità dell’argomento fa sì che la misurazione dell’impatto sulla biodiversità o dell’esposizione di una singola azienda rispetto ai rischi sia incredibilmente difficile.
Tuttavia, l’interesse per gli indicatori quantitativi della biodiversità sta crescendo rapidamente tra i regolatori e gli investitori. All’inizio di quest’anno, quattro gestori di fondi francesi – Axa Investment Managers, BNP Paribas Asset Management, Mirova e Sycomore Asset Management – hanno lanciato un’iniziativa per sviluppare strumenti per misurare l’impatto degli investimenti sulla biodiversità, mentre un gruppo di istituzioni finanziarie olandesi guidate da ASN Bank ha istituito il Partenariato Biodiversity Accounting Financials per misurare l’impatto positivo degli investimenti sulla biodiversità.
È di luglio 2020 l’annuncio dell’iniziativa delle Nazioni Unite “Taskforce on Nature-related Financial Disclosure” (TNFD) con un programma di lavoro biennale al fine di rispondere alle esigenze delle istituzioni finanziarie su reporting, metriche e dati per meglio comprendere i rischi, le dipendenze e gli impatti sulla natura.
La 15a Convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità rappresenta un momento fondamentale per fisare obiettivi ambiziosi a sostegno della biodiversità. Si pensa ad un impegno a raggiungere uno stato di “zero perdita netta di biodiversità” entro il 2030 – un obiettivo altamente ambizioso – con un invito a tutti gli attori della società, comprese le imprese e le istituzioni finanziarie, a contribuire attraverso le loro interazioni con la natura.
E come l’accordo di Parigi del 2015 ha galvanizzato l’interesse della finanza per il cambiamento climatico, l’aspettativa è che il 2021 farà lo stesso per la biodiversità.
17 maggio 2021
Fonti: cbd.int; unpri.org; tnfd.info; bloombergbusiness.com