Man mano che i cambiamenti climatici diventano fondamentali, sarà vitale trovare una soluzione per la decarbonizzazione che abbia senso finanziariamente, con il minor impatto possibile sul reddito disponibile per i consumatori, la più ampia innovazione tecnologica e con forme di finanziamento efficienti. Considerando quasi 100 diverse tecnologie in tutto lo spettro dell’economia, dalla mobilità alla generazione di energia, costruzioni, agricoltura, si è provato ad identificare le tecnologie chiave che potrebbero aiutare a raggiungere emissioni nette di carbonio pari a zero nei prossimi decenni. Ci sono incredibili opportunità a basso costo, che guideranno gli investimenti nei prossimi anni, ma potrebbero non essere sufficienti per ottenere la desiderata quota zero netto di carbonio, pertanto è fondamentale continuare a promuovere l’innovazione tecnologica. Allo stesso tempo, viene prestata attenzione a quelle tecnologie che consentono di recuperare CO2 dall’atmosfera ovvero le tecnologie CCS (Carbon Capture & Storage). Guardando al settore energetico, sembrano esserci due aree chiave in cui la tecnologia inizia ad essere “in the money”: generazione di energia da fonti eoliche e solari, oltre ad alcune opportunità davvero interessanti nella mobilità, specialmente nei centri urbani per autobus, veicoli per passeggeri così come nello shipping. Insieme queste direzioni potrebbero significare opportunità di investimento per 1-2 trilioni di dollari all’anno nei prossimi decenni, al fine di raggiungere emissioni nette di carbonio pari a zero.
I risultati della ricerca mostrano che circa il 50% della decarbonizzazione è realizzabile con costi ragionevoli, ma in seguito la curva dei costi diventa molto ripida. Ciò significa che avremo bisogno una vera svolta tecnologica per quanto l’accumulo di energia e/o per l’ambito CCS. E una delle cose più interessanti da osservare degli ultimi anni è quanto poco è stato investito nelle tecnologie CCS (meno dell’1% dell’investimento nella produzione di energia solare o eolica) sia che si tratti di soluzioni naturali come la riforestazione sia direttamente nello sviluppo di tecnologie CCS. La tecnologia è disponibile e funziona ma deve essere sviluppata in scala per migliorare significativamente il profilo di rendimento. L’uso e lo stoccaggio del CO2 sembra si trovi in una fase di sviluppo analoga al solare negli anni ’90: pochissimi investimenti, potenziale enorme, ma senza la capacità di fornire ancora economie su scala. I 20 anni seguenti hanno mostrato che i prezzi potrebbero scendere dell’80-90% a seguito di un importante ridimensionamento degli investimenti. Si potrebbe pensare (sperare) che vedremo la stessa evoluzione nelle tecnologie CCS.
I mercati dei capitali stanno prestando un’attenzione crescente alle questioni relative ai cambiamenti climatici e sono attualmente uno dei principali motori del cambiamento nella società globale. Un dato fondamentale è quello diffuso dall’AIE, l’Agenzia Internazionale dell’Energia: le fonti fossili non sono destinate a scomparire, almeno per i prossimi 20 anni. Nonostante l’apporto delle energie rinnovabili nel mix energetico sia in continua crescita, un futuro senza combustibili fossili è ancora lontano. I dati dimostrano che il settore energetico produce circa il 70% delle emissioni di CO2 perciò non è possibile immaginare un futuro senza una precisa strategia di abbattimento delle emissioni. Dal 2012 ad oggi abbiamo visto che le delibere assembleari sui cambiamenti climatici sono raddoppiate e il sostegno degli azionisti è triplicato. Ciò sta costringendo le aziende a incorporare seriamente e concretamente i cambiamenti climatici nella loro gestione del rischio, nelle loro prospettive di investimento e nel modo in cui pensano allo sviluppo futuro del loro business. Sta anche cambiando completamente il modo in cui funziona il finanziamento nel settore energetico: da un lato nuove possibilità per finanziare soluzioni a basse emissioni di carbonio e dall’altro lato un severo inasprimento delle condizioni finanziarie nelle attività tradizionali delle idrocarburi, al punto che siamo ora in una fase di sottoinvestimento strutturale in oil & gas. Questo può avere conseguenze dirette sul processo di decarbonizzazione nei prossimi 10-20 anni, attraverso un aumento dei prezzi degli idrocarburi per raggiungere due obiettivi chiave: a) incentivare il consumatore a trovare un’alternativa a basse emissioni di CO2 e b) evitare l’accumulo e il blocco di strumenti finanziari e risorse a lungo termine. Inoltre, l’inasprimento delle condizioni finanziarie nell’industria petrolifera e del gas sta creando barriere all’ingresso più elevate e incentivando il consolidamento al punto che diventa plausibile il risorgere delle “sette sorelle”: come negli anni ’50 -’60 quando sette grandi compagnie petrolifere e del gas dominavano i nuovi sviluppi dell’industria degli idrocarburi su larga scala. Se da un lato questa struttura dell’industria dell’energia ha creato in passato rendimenti più elevati, è altrettanto vero che il consolidamento può portare a meno innovazione, a minori investimenti e nel complesso a una minore produzione (e conseguente aumento dei prezzi) di petrolio e gas. Infatti, sarà l’innovazione e l’attenzione alle soluzioni a basse emissioni di CO2 a diventare il focus principale delle grosse aziende e questo mix aiuterà ad accelerare il processo di decarbonizzazione nell’economia globale.
Per quanto riguarda i regolatori, attualmente tutti i governi, ogni paese tende ad avere diversi incentivi per le tecnologie a basse emissioni di CO2 e alcuni di questi stanno dimostrando di avere molto successo, in particolare in settori come l’eolico, il solare e lo stoccaggio di energie, ma ancora in maniera poco strutturata. Le principali domande degli investitori per il 2020 riguardano il ruolo dell’industria energetica, in particolare delle grandi compagnie petrolifere e del gas, nella decarbonizzazione. Sono esse driver di cambiamento o no? In che modo la loro attività può trasformarsi per consentire minori emissioni di CO2? In realtà, la ricerca mostra che i loro bilanci e le loro capacità di gestione del rischio possono sostenere un ruolo chiave nel consentire una più ampia diffusione delle soluzioni a basse emissioni di CO2, in particolare nella generazione di energia e nella mobilità, nonché nel finanziamento di alcune delle più preziose tecnologie emergenti di CCS.
Alcuni investitori guardano soltanto il rendimento del capitale in termini strettamente finanziari e in realtà i giganti dell’energia hanno offerto degli ottimi rendimenti negli ultimi decenni. Pertanto, la riduzione dei rendimenti finanziari nell’industria degli idrocarburi potrebbe orientare la liquidità deli investitori verso nuove interessanti opportunità nelle energie rinnovabili, nelle tecnologie CCS e nelle soluzioni a basse emissioni di CO2. Ciò potrebbe significare ridurre l’intensità di CO2 fino al 10-20% nel prossimo decennio, migliorando al contempo i rendimenti delle imprese e riducendo l’impatto dell’economia globale sull’ambiente.
(fonte: GS Research)